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lunedì 20 giugno 2005

Il nucleare: una energia di Stato

Sempre sul dibattito del ritorno in Italia del nucleare pubblico l'editoriale apparso su Ilsolea360gradi (newsletter di ISES ITALIA) nel numero di febbraio 2005

Il ritorno mediatico dell’energia nucleare in Italia

In Italia, ne siamo certi, l’energia sarà oggetto della riflessione politica dei prossimi tempi perché argomento fin troppo connesso con lo sviluppo e il futuro economico e ambientale del nostro paese.
Ma riteniamo innanzitutto che vada fatta chiarezza sulla rinascita dell’energia nucleare in Italia attualmente sulla ribalta mediatica in qualità di “Soluzione” dei problemi energetici nostrani. Una scelta fu fatta nel 1987 con il referendum: l’80,6% dei votanti si schierò contro (circa 21 milioni di cittadini).
Contro la fattibilità di un ritorno al nucleare le motivazioni tecniche, economiche e politiche sarebbe numerose e non è possibile esaurirle in poche righe. In sintesi va ricordato che il nucleare è un’opzione energetica estremamente costosa e senza un impegno economico statale nessun finanziatore si assumerebbe il rischio di un investimento di tale portata. L’economia nucleare è e resterà un’economia di Stato. La domanda che ci poniamo è allora questa: in Italia abbiamo le risorse sufficienti da investire in questa tecnologia, considerato che la prima centrale non potrebbe essere funzionante se non tra circa 15 o 20 anni, proprio quando le fonti rinnovabili saranno competitive perché avranno rendimenti migliori e ridotto drasticamente i loro costi? E di conseguenza: non sarebbe una scelta suicida distogliere denaro pubblico e privato (purtroppo ancora scarso) alla ricerca su energia solare, efficienza energetica e micro-cogenerazione e per un loro reale penetrazione nel mercato dell’energia, come è accaduto per tutte le risorse energetiche nei loro primi anni di sviluppo?
Altro ancora va detto: le risorse stimate di uranio per le 440 centrali oggi operative nel mondo basteranno per solo altri 60 anni; il problema delle scorie rimane irrisolto, elevando a dismisura il vero costo della tecnologia se considerato nell’arco del suo intero ciclo di vita; la resistenza locale alla costruzione di una centrale nucleare, è inutile dirlo, sarebbe fortissima. E potremmo continuare.
Il dibattito sull’energia è aperto, ma se le scelte devono guardare avanti abbandoniamo quelle senza futuro.
(Ilsolea360gradi, n.2/2005)

La chimera del ritorno del nucleare in Italia

La chimera del nucleare
a cura di Raffaele Piria e Germana Canzi
(tratto da www.lavoce.info)

Un'analisi approfondita di chi sostiene il nucleare, ne rivela le lacune. Non è vero che il nucleare sia a emissioni zero e i suoi costi effettivi lo rendono una soluzione tra le più controverse per la politica climatica di lungo periodo.
In ogno caso bisognerebbe chiarire le sottostanti ipotesi finanziarie e di sovvenzioni pubbliche, la ripartizione del rischio, come raggiungere soluzioni tecniche affidabili e un accordo politico per lo stoccaggio finale delle scorie e come evitare i rischi della proliferazione.

domenica 19 giugno 2005

Le fonti rinnovabili: una scelta obbligata

Le fonti rinnovabili: i perché di una scelta obbligata e di una grande opportunità per l'umanità

Ormai non può essere più considerata un’utopia, ma un fatto! Le fonti rinnovabili possono fornire una percentuale importante dell’energia mondiale entro la fine di questo secolo, anche oltre l’80%, capovolgendo la situazione attuale.
Nell’ultimo decennio l’industria del settore è cresciuta come pochissimi altri comparti tecnologici, con tassi annuali del 20-30%.
La scelta verso una “transizione energetica” verso l’energia da fonte rinnovabile e l’efficienza energetica può oggi considerarsi obbligata, da una parte per il continuo aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera, dall’altra per il rapido esaurimento delle fonti energetiche di origine fossile.
Una transizione energetica richiede alcuni decenni e può coinvolgere anche due o più generazioni, ma come tutti i momenti di crisi o di passaggio che l’umanità ha dovuto affrontare, specialmente in campo tecnologico, anche questa potrà rivelarsi foriera di nuove opportunità da cogliere per il miglioramento della vita sul nostro pianeta.

L’energia e i cambiamenti climatici

Le proiezioni del mercato dell’energia a 30 anni indicano come, senza un concreto processo di transizione energetica, petrolio, gas e carbone continueranno ad essere, in valori assoluti, le fonti di energia primaria più utilizzate, soprattutto per la forte domanda proveniente dai paesi in via di sviluppo. Le fonti rinnovabili, nonostante il loro continuo incremento, riusciranno a coprire solo una quota marginale del mercato (2% idro e 4% altre rinnovabili), senza discostarsi di molto dalla situazione presente al 2000. L’evoluzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) nei paesi OCSE, speculare a questo scenario energetico dei prossimi 3 decenni e che potremmo definire “business as usual”, è rappresentato dalla linea blu del grafico: l’aumento annuale delle emissioni tra il 2000 e il 2030 è di quasi l’1%. Un panorama non sostenibile ambientalmente ed economicamente. La situazione è ancora più critica se allarghiamo il quadro a livello mondiale: le emissioni aumentano dell’1,8% annuo (fino a 38 miliardi di t) con un incremento al 2030, rispetto ai livelli del 2000, di circa il 70%!

La fine del petrolio

Altro aspetto da considerare nella decisione di orientarsi verso le fonti rinnovabili è la cosiddetta “fine del petrolio” a basso costo. L’aspetto chiave sul quale verte la controversia non è tanto l’approssimarsi o meno della fine del petrolio, quanto del cosiddetto “picco del petrolio” o “picco di Hubbert”, per il nome del padre del modello empirico fondato sull’ipotesi che la produzione di una risorsa non rinnovabile abbia un andamento di una curva a campana; conoscere il momento in cui la risorsa raggiungerà il vertice della curva è fondamentale per capire, quando sia stato estratto il 50% delle riserve stimate sfruttabili. Da quel momento in poi il prezzo della risorsa non risponderà solo a fattori di carattere politico o strategico, ma in maniera determinante da fattori strettamente fisici. Nel caso degli idrocarburi gli effetti che ne possono derivare sono un innalzamento dei prezzi e una grave recessione.
Le ricerche di alcuni geologi, in particolare di Colin Campbell, e della ASPO (Association for the Study of Peak Oil and Gas), proverebbero che già stiamo nella fase del picco di petrolio. Si stima che oggi per 4 barili di petrolio che vengono consumati solamente uno ne viene scoperto. Nei prossimi anni la quota di produzione delle regioni medio-orientali continuerà a crescere, mentre il resto del mondo ha già raggiunto il suo picco nel 1997 ed è dunque nella sua fase calante (gli Stati Uniti consumano il 28% della produzione mondiale ed oggi importano, soprattutto da questa area, oltre il 60% del petrolio). Secondo Campbell domanda e offerta di petrolio saranno “piatte” e pressoché in equilibrio fino al 2010-12 allorché l’offerta crollerà rapidamente rispetto alla domanda. Egli stesso ritiene tuttavia che il picco mondiale del petrolio convenzionale sia stato già raggiunto nel 2000 e la dimostrazione è che da allora si è assistito ad un innalzamento dei suoi prezzi con una evidente recessione generalizzata che, anche se con veloci e continue oscillazioni, dovrebbe mantenersi nel tempo. La scelta di muoversi su altre risorse energetiche potrà interrompere questa situazione (tuttavia secondo Campbell anche il picco del gas è prossimo e previsto per il 2020-25), ma il processo è in atto.
Altro aspetto importante per una nuova soluzione energetica è il grado di dipendenza energetica dall’esterno. Per l’UE esso è del 54%, ma tra 30 anni potrà arrivare al 70%. In Italia già oggi è di circa l’85%.
Dunque, proseguire su questa linea porterà a conseguenze molto gravi dal punto di vista ambientale ed economico, creando le premesse per continui conflitti e crisi internazionali.

Conclusioni

Affinché la percentuale delle fonti rinnovabili sui consumi totali di energia inizi ad essere, anno dopo anno, sempre più significativa sarà fondamentale cominciare a ridurre drasticamente i consumi finali di calore e di elettricità nelle abitazioni, nel settore commerciale e industriale, utilizzando dispositivi e tecnologie ormai mature e già presenti sul mercato ed attivando normative ed incentivi favorevoli a tali interventi.
Utilizzare razionalmente l’energia, consumandone di meno (a parità di prestazioni finali), sarà il vero volano per una nuova cultura energetica che faccia da apripista alle fonti rinnovabili.
E’ importante infine ricordare che le “fonti alternative” sono i combustibili fossili e l’energia nucleare, perché esse rappresentano una soluzione temporanea che l’umanità si è potuta permettere nel corso degli ultimi due secoli e che potrà gestire ancora per pochi decenni. In realtà, le vere fonti di energia sono le rinnovabili. E anche se gli scenari mondiali non ci forniscono prospettive chiare e attendibili oltre i 20 o 30 anni, siamo certi che le fonti fossili non sono una scelta possibile a lungo termine e dunque non ci sono alternative alle rinnovabili.

(stralcio di un articolo redatto per "Energia rinnovabile: da utopia a realtà", opuscolo realizzato nell'ambito del progetto "Educazione allo sviluppo" di Rete Regionale INFEA, giugno 2004)