Cerca nel blog

venerdì 19 agosto 2005

Un futuro pulito per i trasporti?

Eolo, la macchina ad aria compressa. Che fine ha fatto?

Guy NEGRE, ingegnere progettista di motori per Formula 1, che ha lavorato alla Williams per diversi anni, nel 2001 presentava al Motorshow di Bologna una macchina rivoluzionaria: la "EOLO" (questo il nome originario dato al modello), era una vettura con motore ad aria compressa, costruita interamente in alluminio tubolare, fibra di canapa e resina, leggerissima ed ultraresistente.
Capace di fare 100 Km con 0,77 euro, poteva raggiungere una velocità di 110 Km/h e funzionare per più di 10 ore consecutive nell'uso urbano.
Allo scarico usciva solo aria, ad una temperatura di circa -20°, che veniva utilizzata d'estate per l'impianto di condizionamento.
Collegando Eolo ad una normale presa di corrente, nel giro di circa 6 ore il compressore presente all'interno dell'auto riempiva le bombole di aria compressa, che veniva utilizzata poi per il suo funzionamento.
Non essendoci camera di scoppio né sollecitazioni termiche o meccaniche la manutenzione era praticamente nulla, paragonabile a quella di una bicicletta.
Il prezzo al pubblico doveva essere di circa 18 milioni delle vecchie lire, nel suo allestimento più semplice.

Al Motorshow fece un grande scalpore, tanto che il sito www.eoloauto.it
venne subissato di richieste di prenotazione; allora lo stabilimento era in
costruzione, la produzione doveva partire all'inizio del 2002. L'attesa era grande, tutto sembrava essere pronto, eppure stranamente da un certo momento in poi non si hanno più notizie. Il sito scompare, tanto che ancora oggi l'indirizzo www.eoloauto.it risulta essere in vendita. Questa vettura rivoluzionaria, che, senza
aspettare 20 anni per l'idrogeno (che costerà alla fine quanto la
benzina e ce lo venderanno sempre le stesse compagnie) avrebbe risolto molti problemi, scompare senza lasciare traccia, anche se su i nternet sono disponibili molte informazioni

Come stanno oggi le cose:
Il progettista di questo motore rivoluzionario ha stranamente la bocca cucita, quando gli si chiede il perché di questi ritardi continui. I 90 dipendenti assunti in Italia dallo stabilimento produttivo sono attualmente in cassa integrazione senza aver mai costruito neanche un'auto.
I dirigenti di Eolo Auto Italia rimandano l'inizio della produzione a data da destinarsi, di anno in anno. Oggi si parla, forse della prima metà del 2006.

Quali considerazioni si possono fare su questa deprimente vicenda?
Certamente viene da pensare che le gigantesche corporazioni del petrolio non vogliano un mezzo che renda gli uomini indipendenti. La benzina oggi, l'idrogeno domani, sono comunque entrambi guinzagli molto ben progettati.
Una macchina che non abbia quasi bisogno di tagliandi né di cambi olio, che sia semplice e fatta per durare e che consumi soltanto energia elettrica, non fa guadagnare abbastanza. Quindi deve essere eliminata o nascosta, senza che
l'"informazione" ufficiale dica mai nulla.

Per avere informazini sul progetto: http://www.eoloenergie.it/html/ita.html

venerdì 22 luglio 2005

Breve dossier sul mercato dell'energia solare in Italia

L’Italia sconta un notevole ritardo nello sviluppo del mercato dell’energia solare, soprattutto rispetto a paesi leader del settore come Germania, Austria e Grecia nel solare termico e Germania e Spagna nel solare fotovoltaico.

La Germania oggi rappresenta un punto di riferimento per il mercato internazionale delle fonti energetiche rinnovabili, con particolare riguardo al fotovoltaico e al solare termico. Alcuni dati possono evidenziare il gap che esiste con il nostro Paese: nel fotovoltaico sono 750 i megawatt installati in Germania contro i 30 MW dell’Italia, nel solare termico 5,8 milioni di m2 installati in Germania contro 550 mila in Italia. I posti di lavoro direttamente legati ai settori del solare fotovoltaico e termico in Germania sono stimati in circa 30.000.

Dall’esperienza tedesca si può quindi comprendere come lo sviluppo delle rinnovabili non sia legato esclusivamente alle ricchezza di risorse naturali del territorio, ma al know-how tecnico e imprenditoriale, alla cultura e all’informazione diffusa presso i cittadini e soprattutto alle strategie politiche e industriali di lungo periodo.

In questo breve documento (da scaricare) si riferirà dei seguenti aspetti:

Solare termico in Italia
1. La situazione delle installazioni e operatori di mercato in Italia
2. Le motivazioni del ritardo del settore in Italia
3. Alcuni segnali positivi per gli sviluppi futuri: i regolamenti edilizi comunali

Solare fotovoltaico in Italia
1. La situazione delle installazioni in Italia: analisi storica
2. Il nuovo decreto per l’incentivazione del kWh fotovoltaico (conto energia)
3. Aspetti internazionali

Dossier a cura di Leonardo Berlen (ISES ITALIA)
21 luglio 2005

martedì 12 luglio 2005

Come costruire una società mondiale basata sulle fonti rinnovabili

Il nuovo libro di Hermann Scheer: per una globalizzazione dell'economia solare

Finalmente una visione di società nuova, fondata sull'energia solare e con prospettive di pacificazione mondiale. A 8 anni da “Strategia solare”, Hermann Scheer, pubblica un nuovo libro sulle modalità di trasformazione dalla attuale struttura energetica fondata sulle fonti fossili a una completamente nuova basata sulle energie rinnovabili. “Il solare e l’economia globale” traccia un percorso complesso ma al tempo stesso rivoluzionario per una transizione energetica che dovrà coinvolgere l’intero sistema economico, le strutture dei rapporti di produzione e, di conseguenza, la società mondiale.


Scheer avanza una proposta di cambiamento radicale della attuale struttura energetica. Ma per rendere concreto questo disegno è necessario concentrare tutti gli sforzi su una transizione rapida (non oltre le prossime due generazioni) in modo da porre fine alla dipendenza dei combustibili fossili ed evitare il crollo ambientale e dell’economia mondiale. E’ questa una priorità, una sorta di Agenda 1, che individua innanzitutto quali sono le forze che si oppongono al cambiamento (in particolare l’industria energetica esistente) e denunci la marginalizzazione delle rinnovabili in campo politico e nella ricerca.

Il cambiamento, secondo Scheer, deve realizzarsi mettendo in discussione le leggi che oggi regolano il mercato; queste spingono verso la riduzione dei prezzi dell’energia nell’ottica della competizione globale, ma in questo contesto, come si sa, i prezzi bassi dell’energia vanno a favorire le fonti convenzionali, creando un ostacolo insormontabile all’introduzione su larga scala delle rinnovabili. Tutto ciò scaturisce dall’assunto che i combustibili fossili sono intrinsecamente meno costosi e offrono vantaggi per l’economia, mentre le rinnovabili sono un peso che può essere sopportato solo a piccole dosi. Ma questa valutazione, dice Scheer, si fonda su calcoli che sono inapplicabili all’energia solare e rinnovabile che ha il grande vantaggio di avere catene più corte di trasformazione tra la fonte energetica e l’utenza finale. Infatti, considerando i pochissimi passaggi nella conversione e nel trasporto dell’energia, i costi delle rinnovabili si abbattono drasticamente.

Il nuovo modello energetico si dovrà sviluppare su base locale e gli attori di questo cambiamento potrebbero non essere quelli che oggi controllano l’energia e si oppongono ad una profonda trasformazione.
In questo libro Hermann Scheer offre dunque una visione di lungo periodo molto articolata che dovrebbe essere valutata con attenzione da chi opera nel campo delle rinnovabili e dell’ambiente per rielaborare le proprie strategie.

Hermann Scheer - “Il solare e l’economia globale. Energia rinnovabile per un futuro sostenibile", Edizioni Ambiente. 20,60 €

sabato 9 luglio 2005

L'enorme potenziale di risparmio di energia elettrica in Italia

Investire in efficienza energetica negli usi finali può dare in pochi anni un risparmio di quasi 70 miliardi di kWh all'anno
Da un vecchio studio del '99 lo spunto per una decisa strategia utile alle aziende, ai consumatori e anche al settore delle rinnovabili


Le scelte di politica energetica dal lato della domanda continuano ad avere nel nostro paese un ruolo ancora marginale, se escludiamo il meccanismo dei "certificati bianchi" che è stato congelato per oltre 3 anni prima di diventare effettivamente operativo e che comunque ha obiettivi non così ambiziosi.
Insomma si parla solo della “fame di energia” che ha il nostro paese (spesso limitandosi a quella elettrica) e l'argomento principale di ogni dibattito è sempre orientato su quante centrali dovremo costruire nei prossimi anni, ricorrendo addirittura al nucleare, da tempo abbandonato.
Si dovrebbe perciò affrontare con maggiore serietà il tema del potenziale di risparmio energetico in Italia a cominciare dal settore residenziale e va ricordato che investire oggi in nuove centrali termoelettriche non potrà che ritardare il decollo della generazione distribuita di energia e, di conseguenza, anche delle rinnovabili.

Diversi studi negli ultimi anni hanno tuttavia messo in luce l’enorme risorsa da cui è possibile attingere sul terreno dell’efficienza energetica, soprattutto negli usi finali. Tra questi va ricordato un interessante rapporto curato per l’Italia da Florentin Krause dell’istituto californiano IPSEP (International Project for Sustanaible Energy Paths), edito nel 1999 per conto dell’ANPA.
Il rapporto, dal titolo “La risorsa efficienza”, valuta il potenziale dei risparmi che si possono conseguire con le tecnologie disponibili per aumentare l’efficienza energetica degli usi finali dell’elettricità nel nostro paese. Le stime dei consumi e dei risparmi totali di elettricità sono ripartite in 15 categorie che rappresentano 90 tipologie di usi finali nei settori del riscaldamento dell’acqua, del condizionamento dell’ambiente, della trasmissione a motore elettrico, dell’elettricità di processo e degli elettrodomestici, differenziati per ambito domestico, commerciale e industriale.

Lo studio dimostra che il basso consumo pro-capite di energia elettrica del nostro paese rispetto alla media europea è dovuto al tipo di industrie nazionali presenti, al clima e ai livelli di reddito del paese, ma non certo per un uso tecnologicamente più efficiente dell’elettricità.
Con un completo spostamento degli investimenti per gli usi finali di apparecchiature, stabilimenti ed edifici verso le tecnologie più efficienti disponibili sul mercato, l’Italia potrebbe ridurre fino al 46% della domanda di energia elettrica in un periodo di 15 anni. Il rapporto di Krause stima questa quota in 140-150 TWh alla data del 2010, con una previsione dei consumi elettrici di 335 TWh (dato ENEL). In pratica, sfruttando questo potenziale tecnico di risparmio, si potrebbe stabilizzare la domanda di elettricità ai livelli della metà degli anni ‘90, comunque con un miglioramento dei servizi resi ai consumatori.

Per stimare una più concreta realizzazione di tale potenziale tecnico di risparmio si è considerata una percentuale di implementazione del 43%, in base alla quale il risparmio di elettricità finale potrebbe essere valutato in 66 TWh, cioè pari al 20% della domanda prevista in Italia al 2010. I maggiori potenziali di risparmio sono conseguibili dal comparto dei motori elettrici (39% del totale), dagli elettrodomestici (28%) e nell’illuminazione (23%). I risparmi ottenibili nel settore residenziale rappresentano il 33% del totale, quelli nel settore commerciale e industriale sono, rispettivamente, il 36% e il 31%. Secondo un simile scenario si stima che i costi medi del kWh risparmiato siano inferiori a quelli di nuova produzione di almeno il 40%.

Soprattutto per la metodologia utilizzata, lo studio deve ritenersi valido ancora oggi per le indicazioni che fornisce. Il messaggio del lavoro di Krause è chiaro: il miglioramento dell’efficienza energetica può rendere più produttive le aziende italiane, creare una imprenditorialità diffusa, favorire i consumatori e contribuire a ridurre le emissioni di gas serra.

“La risorsa efficienza. Strategie e interventi per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra attraverso misure di efficienza negli usi finali di energia elettrica”, ANPA, Documenti 11, 1999 (pp.112).

giovedì 7 luglio 2005

Pensieri solari

L'economia solare non nascerà nella sale dei consigli di amministrazione, ma fra i professionisti dell'architettura sostenibile, i coltivatori, i progettisti delle tecnologie energetiche.
Molte azioni e strategie vanno attivate localmente. E per tutto questo, per la transizione verso le fonti energetiche rinnovabili, non è necessario il consenso dei padroni dell'attuale industria energetica.

martedì 5 luglio 2005

Lo scandalo italiano del CIP 6/92

Il fatto è stato denunciato senza molto clamore, ma la cosa va avanti dal 1992.
Le parole come truffa, raggiro, sconcio, scandalo, eccetera le ha già usate tutte Leonardo Libero, scrivendone su Energia dal Sole e su La Stampa-Tuttoscienze. Nessuno lo ha querelato e n’anche solo smentito. Perchè il fatto è vero e provato in forma ufficiale:
- dal verbale della seduta 6/11/2003 della X^ Commissione Camera e
- dalla relazione annuale 2004 (6/7/2004) del Presidente dell'Autorità per l'Energia.

E' noto come "caso Cip6" o lo “scandalo Cip6”
Nello stesso anno 1991 nel quale la Germania avviava il suo programma promozionale, “I 1000 tetti Fotovoltaici”, in Italia veniva approvata la legge n. 9 sul Piano Energetico Nazionale. Legge il cui articolo 22 dettava norme in materia di elettricità prodotta da “fonti rinnovabili”, ma che a quelle due parole ne aggiungeva sciaguratamente altre due: “e assimilate” . E la dizione “fonti rinnovabili e assimilate” era poi recepita dalla delibera n. 6/1992 del Comitato Interministeriale Prezzi – delibera oggi nota come “Cip6” – che fissava i prezzi, maggiorati, ai quali lo stato era tenuto da allora in poi a pagare l’elettricità prodotta da quelle fonti e i sovrapprezzi da imporre agli utenti elettrici a copertura di quelle maggiorazioni.

Purtroppo, fra le fonti “assimilate” è poi stato fatto passare di tutto; e soprattutto scarti di raffineria petrolifera e rifiuti non biodegradabili (gomma, plastica etc.). Al punto che le sovvenzioni a quelle fonti “sporche” sono presto diventate largamente prevalenti su quelle alle fonti “pulite”, cioè alle rinnovabili “vere”.
Lo scandalo è di dominio pubblico e ha una dimensione ufficiale dal 6 novembre 2003, giorno in cui lo ha denunciato, all’unanimità, la Decima Commissione della Camera; il cui presidente, Bruno Tabacci, lo ha definito “Una tassa occulta in favore dei petrolieri” e lo ha quantificato in “60 mila miliardi di Lire”.

Dalla relazione annuale 2004 del presidente dell’Autorità per l’Energia (II^ sezione, pag. 113-117) risulta che nel solo 2003 il Gestore Nazionale della Rete ha pagato elettricità da fonti “assimilate”, cioè ripeto “sporche”, per la bellezza di 3.281,4 milioni di euro; importo pari ad oltre 10 volte i 350 milioni di dollari che il paese più ricco del mondo, gli USA, ha stanziato per i sopravvissuti all’immane disastro avvenuto nel Sud Est Asiatico.
Da quella relazione risulta anche che fra i dieci maggiori beneficiari di quella cuccagna nel 2003 c’è un’azienda partecipata dallo stato e indagata per tangenti, Enipower.
E risulta altresì che Enel Green Power ed Enel Produzione sono state nel 2003 fra le 10 aziende che più hanno goduto dei finanziamenti alle fonti rinnovabili “vere”.

Al riguardo si deve aggiungere che nel libro “Licenziare i padroni?”, scritto nel 2003 da Massimo Mucchetti (oggi commentatore economico del Corriere della Sera) l’origine della Cip6 viene fatta risalire alla sofferta vicenda Montedison (appunto, 1991-92 - per scelta del governo Amato) e quella delibera del Comitato Interministeriale Prezzi è definita il “frutto di un accordo scandaloso tra il Gotha del capitalismo italiano, l’Enel e il governo Amato”. Nel libro l’ “affaire” è raccontato in dettaglio e sono citati in chiaro i nomi delle aziende e delle persone coinvolte. Ebbene, neanche quella denuncia, estremamente esplicita, è valsa a far portare la cosa all’attenzione del grande pubblico; a disinsabbiarla, insomma.
Nemmeno Mucchetti è stato querelato.

Dopo la denuncia né lo scandalo è cessato né la lettera ha ricevuto una risposta.
Nella relazione del 6 luglio 2004 il presidente dell'Autorità per l'Energia, Alessandro Ortis, nella sua relazione sulle attività d'istituto, ha fornito sul "caso Cip6" molte più notizie dei suoi predecessori. Ora sappiamo i nomi delle otto aziende che nel 2003 hanno prodotto da sole l'84,3% dell’energia ritirata dal Gestore della Rete, come "assimilata", cioè superpagata coi nostri soldi ancorché "sporca".
Esse sono Edison (41,2%), Sarlux Enron (10’8%), ERG (10,2%), Acea (6,3%), Foster Wheeler (5,1%), Enipower (4,3%), Apienergia (3,4%), Elettra Lucchini (3,0%).
Sappiamo che l’energia Cip6 da fonte assimilata è stata nel 2003, e nei due anni precedenti, ben oltre il quadruplo di quella da fonte rinnovabile.

Articolo a cura di ASPO (Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio)


------------------------------------------------------------------------------------
Dal Glossario dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas nella Relazione Annuale 2004:
Fonti energetiche assimilate: risorse energetiche di origine fossile che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, vengono assimilate alle fonti rinnovabili in virtù degli elevati rendimenti energetici (vedi Indice energetico). Secondo il disposto del provvedimento CIP n. 6/92, sono considerati impianti alimentati da fonti assimilate gli impianti di cogenerazione (vedi), gli impianti che utilizzano calore di recupero, fumi di scarico e altre forme di energia recuperabile in processi produttivi e in impianti, nonché gli impianti che utilizzano gli scarti di lavorazione e/o di processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati.

domenica 3 luglio 2005

Nuclear energy belongs in the technology museum

Un interessante articolo di Hermann Scheer, ideologo tedesco delle fonti rinnovabili e padre delle leggi tedesche sulle rinnovabili.

L'energia nucleare è ancora troppo costosa e troppo pericolosa. Una enorme quantità di acqua è necessaria in un periodo in cui la carenza di acqua sta aumentando.
L'offerta di uranio è limitata. In Europa 1000 miliardi di dollari sono stati spesi sulla ricerca nuclare mentre le energie rinnovabili sono tenute al margine.
L'opzione vera sono le fonti rinnovabili che hanno annualmente una potenzialità 15.000 volte maggiore dei consumi annuali di energia nucleare e da fonte fossile.

lunedì 20 giugno 2005

Il nucleare: una energia di Stato

Sempre sul dibattito del ritorno in Italia del nucleare pubblico l'editoriale apparso su Ilsolea360gradi (newsletter di ISES ITALIA) nel numero di febbraio 2005

Il ritorno mediatico dell’energia nucleare in Italia

In Italia, ne siamo certi, l’energia sarà oggetto della riflessione politica dei prossimi tempi perché argomento fin troppo connesso con lo sviluppo e il futuro economico e ambientale del nostro paese.
Ma riteniamo innanzitutto che vada fatta chiarezza sulla rinascita dell’energia nucleare in Italia attualmente sulla ribalta mediatica in qualità di “Soluzione” dei problemi energetici nostrani. Una scelta fu fatta nel 1987 con il referendum: l’80,6% dei votanti si schierò contro (circa 21 milioni di cittadini).
Contro la fattibilità di un ritorno al nucleare le motivazioni tecniche, economiche e politiche sarebbe numerose e non è possibile esaurirle in poche righe. In sintesi va ricordato che il nucleare è un’opzione energetica estremamente costosa e senza un impegno economico statale nessun finanziatore si assumerebbe il rischio di un investimento di tale portata. L’economia nucleare è e resterà un’economia di Stato. La domanda che ci poniamo è allora questa: in Italia abbiamo le risorse sufficienti da investire in questa tecnologia, considerato che la prima centrale non potrebbe essere funzionante se non tra circa 15 o 20 anni, proprio quando le fonti rinnovabili saranno competitive perché avranno rendimenti migliori e ridotto drasticamente i loro costi? E di conseguenza: non sarebbe una scelta suicida distogliere denaro pubblico e privato (purtroppo ancora scarso) alla ricerca su energia solare, efficienza energetica e micro-cogenerazione e per un loro reale penetrazione nel mercato dell’energia, come è accaduto per tutte le risorse energetiche nei loro primi anni di sviluppo?
Altro ancora va detto: le risorse stimate di uranio per le 440 centrali oggi operative nel mondo basteranno per solo altri 60 anni; il problema delle scorie rimane irrisolto, elevando a dismisura il vero costo della tecnologia se considerato nell’arco del suo intero ciclo di vita; la resistenza locale alla costruzione di una centrale nucleare, è inutile dirlo, sarebbe fortissima. E potremmo continuare.
Il dibattito sull’energia è aperto, ma se le scelte devono guardare avanti abbandoniamo quelle senza futuro.
(Ilsolea360gradi, n.2/2005)

La chimera del ritorno del nucleare in Italia

La chimera del nucleare
a cura di Raffaele Piria e Germana Canzi
(tratto da www.lavoce.info)

Un'analisi approfondita di chi sostiene il nucleare, ne rivela le lacune. Non è vero che il nucleare sia a emissioni zero e i suoi costi effettivi lo rendono una soluzione tra le più controverse per la politica climatica di lungo periodo.
In ogno caso bisognerebbe chiarire le sottostanti ipotesi finanziarie e di sovvenzioni pubbliche, la ripartizione del rischio, come raggiungere soluzioni tecniche affidabili e un accordo politico per lo stoccaggio finale delle scorie e come evitare i rischi della proliferazione.

domenica 19 giugno 2005

Le fonti rinnovabili: una scelta obbligata

Le fonti rinnovabili: i perché di una scelta obbligata e di una grande opportunità per l'umanità

Ormai non può essere più considerata un’utopia, ma un fatto! Le fonti rinnovabili possono fornire una percentuale importante dell’energia mondiale entro la fine di questo secolo, anche oltre l’80%, capovolgendo la situazione attuale.
Nell’ultimo decennio l’industria del settore è cresciuta come pochissimi altri comparti tecnologici, con tassi annuali del 20-30%.
La scelta verso una “transizione energetica” verso l’energia da fonte rinnovabile e l’efficienza energetica può oggi considerarsi obbligata, da una parte per il continuo aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera, dall’altra per il rapido esaurimento delle fonti energetiche di origine fossile.
Una transizione energetica richiede alcuni decenni e può coinvolgere anche due o più generazioni, ma come tutti i momenti di crisi o di passaggio che l’umanità ha dovuto affrontare, specialmente in campo tecnologico, anche questa potrà rivelarsi foriera di nuove opportunità da cogliere per il miglioramento della vita sul nostro pianeta.

L’energia e i cambiamenti climatici

Le proiezioni del mercato dell’energia a 30 anni indicano come, senza un concreto processo di transizione energetica, petrolio, gas e carbone continueranno ad essere, in valori assoluti, le fonti di energia primaria più utilizzate, soprattutto per la forte domanda proveniente dai paesi in via di sviluppo. Le fonti rinnovabili, nonostante il loro continuo incremento, riusciranno a coprire solo una quota marginale del mercato (2% idro e 4% altre rinnovabili), senza discostarsi di molto dalla situazione presente al 2000. L’evoluzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) nei paesi OCSE, speculare a questo scenario energetico dei prossimi 3 decenni e che potremmo definire “business as usual”, è rappresentato dalla linea blu del grafico: l’aumento annuale delle emissioni tra il 2000 e il 2030 è di quasi l’1%. Un panorama non sostenibile ambientalmente ed economicamente. La situazione è ancora più critica se allarghiamo il quadro a livello mondiale: le emissioni aumentano dell’1,8% annuo (fino a 38 miliardi di t) con un incremento al 2030, rispetto ai livelli del 2000, di circa il 70%!

La fine del petrolio

Altro aspetto da considerare nella decisione di orientarsi verso le fonti rinnovabili è la cosiddetta “fine del petrolio” a basso costo. L’aspetto chiave sul quale verte la controversia non è tanto l’approssimarsi o meno della fine del petrolio, quanto del cosiddetto “picco del petrolio” o “picco di Hubbert”, per il nome del padre del modello empirico fondato sull’ipotesi che la produzione di una risorsa non rinnovabile abbia un andamento di una curva a campana; conoscere il momento in cui la risorsa raggiungerà il vertice della curva è fondamentale per capire, quando sia stato estratto il 50% delle riserve stimate sfruttabili. Da quel momento in poi il prezzo della risorsa non risponderà solo a fattori di carattere politico o strategico, ma in maniera determinante da fattori strettamente fisici. Nel caso degli idrocarburi gli effetti che ne possono derivare sono un innalzamento dei prezzi e una grave recessione.
Le ricerche di alcuni geologi, in particolare di Colin Campbell, e della ASPO (Association for the Study of Peak Oil and Gas), proverebbero che già stiamo nella fase del picco di petrolio. Si stima che oggi per 4 barili di petrolio che vengono consumati solamente uno ne viene scoperto. Nei prossimi anni la quota di produzione delle regioni medio-orientali continuerà a crescere, mentre il resto del mondo ha già raggiunto il suo picco nel 1997 ed è dunque nella sua fase calante (gli Stati Uniti consumano il 28% della produzione mondiale ed oggi importano, soprattutto da questa area, oltre il 60% del petrolio). Secondo Campbell domanda e offerta di petrolio saranno “piatte” e pressoché in equilibrio fino al 2010-12 allorché l’offerta crollerà rapidamente rispetto alla domanda. Egli stesso ritiene tuttavia che il picco mondiale del petrolio convenzionale sia stato già raggiunto nel 2000 e la dimostrazione è che da allora si è assistito ad un innalzamento dei suoi prezzi con una evidente recessione generalizzata che, anche se con veloci e continue oscillazioni, dovrebbe mantenersi nel tempo. La scelta di muoversi su altre risorse energetiche potrà interrompere questa situazione (tuttavia secondo Campbell anche il picco del gas è prossimo e previsto per il 2020-25), ma il processo è in atto.
Altro aspetto importante per una nuova soluzione energetica è il grado di dipendenza energetica dall’esterno. Per l’UE esso è del 54%, ma tra 30 anni potrà arrivare al 70%. In Italia già oggi è di circa l’85%.
Dunque, proseguire su questa linea porterà a conseguenze molto gravi dal punto di vista ambientale ed economico, creando le premesse per continui conflitti e crisi internazionali.

Conclusioni

Affinché la percentuale delle fonti rinnovabili sui consumi totali di energia inizi ad essere, anno dopo anno, sempre più significativa sarà fondamentale cominciare a ridurre drasticamente i consumi finali di calore e di elettricità nelle abitazioni, nel settore commerciale e industriale, utilizzando dispositivi e tecnologie ormai mature e già presenti sul mercato ed attivando normative ed incentivi favorevoli a tali interventi.
Utilizzare razionalmente l’energia, consumandone di meno (a parità di prestazioni finali), sarà il vero volano per una nuova cultura energetica che faccia da apripista alle fonti rinnovabili.
E’ importante infine ricordare che le “fonti alternative” sono i combustibili fossili e l’energia nucleare, perché esse rappresentano una soluzione temporanea che l’umanità si è potuta permettere nel corso degli ultimi due secoli e che potrà gestire ancora per pochi decenni. In realtà, le vere fonti di energia sono le rinnovabili. E anche se gli scenari mondiali non ci forniscono prospettive chiare e attendibili oltre i 20 o 30 anni, siamo certi che le fonti fossili non sono una scelta possibile a lungo termine e dunque non ci sono alternative alle rinnovabili.

(stralcio di un articolo redatto per "Energia rinnovabile: da utopia a realtà", opuscolo realizzato nell'ambito del progetto "Educazione allo sviluppo" di Rete Regionale INFEA, giugno 2004)